[di Emanuela Macrì] Le prime arrampicate ancora prima di nascere. Nella pancia della mamma che al sesto mese di gravidanza lo portava sulla parete nord dell’Eiger. Lei, Alison Hargreaves, prima donna britannica a piantare bandiera in cima all’Everest, in solitaria e senza ossigeno. Lui, Tom Ballard, alpinista che seguirà le orme di una delle figure chiave dell’alpinismo storico e mondiale. Dall’inizio alla fine.
Alison vittima di una bufera durante la discesa del K2 appena conquistato, il 13 agosto 1995; Tom di una tragica spedizione sul Nanga Parbat, in compagnia di Daniele Nardi, il 25 febbraio 2019. Entrambi destinati a non essere recuperati e riposare per sempre sulla loro ultima montagna. The Last Mountain. Come il titolo del film di Chris Terrill che porta in Concorso al 70 Trento Film Festival le loro storie.
Un film che muove dai tragici fatti del 2019, con il tentativo, fallito, di recuperare i corpi di Tom e Daniele e da una decisione presa per chiudere un cerchio aperto quasi 25 anni prima: così come papà James Ballard aveva deciso di raggiungere il K2 con i due figli bambini, per dare loro modo di salutare la mamma nel suo ultimo luogo di riposo così Kate raggiunge il campo base sul Nanga Parbat per dire addio al fratello. Lì, sulla sua last mountain.
Ma per un viaggio così importante, soprattutto emotivamente, Kate chiede di essere accompagnata da Ibrahim, la guida pakistana che 25 anni prima l’aveva portata in spalla sul K2 e che lei non ha mai dimenticato. Per una scalata difficile dal punto di vista fisica e impegnativa da quello emotivo: l’incontro tra i due rivela un’mozione che lo blocca e nello stesso tempo li scioglie in lacrime che non sanno trattenere.
Mentre le immagini che scorrono sono un’attenta e minuziosa ricostruzione della vita, familiare e sportiva di Tom. Con un racconto che segue una linea narrativa pulita composta di immagini di repertorio e quelle girate seguendo l’avventura pakistana contemporanea. Senza cedere mai nel patetico ma restituendo l’immagine più vera di Tom Ballard alpinista con quelle parole pronunciate “Il pericolo è un concetto personale” che racchiudono una carriera terminata troppo presto.