
[di Emanuela Macrì] Una prossimità geografica che diviene baratro amministrativo. Lembi di terra divisi da limiti burocratici. Realtà di un confine, quello che separa il Trentino dell’alta Val di Non e della Val di Fiemme dall’Alto Adige, che dalle parole di chi ci abita risulta una linea immaginaria e, forse solo, immaginata. Contadini di confine, il nuovo lavoro di Michele Trentini presentato al 72 Trento Film Festival – Premio Dolomiti Patrimonio Mondiale, istituito dalla Fondazione Dolomiti UNESCO e dalla SAT Società Alpinisti Tridentini – narra proprio questo.
Lasciando il racconto nelle mani delle persone che ci abitano, lavorano, che hanno scelto di rimanere in luogo di quell’ideale divisione vinta, sconfessata da un’esperienza di cooperazione lavorativa capace di superare ogni confine, soprattutto mentale: un caseificio che nella collaborazione di attività che entro e oltre quel confine, da qualsivoglia punto lo si guardi, ha trovato la sua prerogativa.
Un prodotto di qualità, quel formaggio che qui viene prodotto dal latte conferito dagli allevatori del luogo, che va oltre il gusto e le proprietà organolettiche, perché è il risultato di quelle realtà quotidiane, del lavoro e delle scelte delle persone che lavorano, portano avanti tradizioni, non si arrendono a una burocrazia spesso scoraggiante. Un lavoro indispensabile per un territorio che senza di esso subirebbe modifiche capaci di comprometterne l’esistenza.
Un formaggio che meglio di ogni altra cosa racconta di quel confine e della sua inconsistenza se vista dai prati durante il periodo della fienagione, dai pascoli e dalle stalle. Un confine con cui si fanno i conti solo sulla carta. Nemmeno la differenza idiomatica, e culturale, possono prevalere su una realtà di condivisione. Una linea di divisione che nella realtà non è tale.