[di Emanuela Macrì] Quattro alpinisti che si conoscono durante una spedizione in Perù, diverranno amici e fonderanno la Banda dei Baffi, una sorta di Banda Bassotti, ladri di montagne. Quattro alpinisti che condivideranno un’ossessione: affrontare l’immensa parete sud del Nuptse, aprendo una nuova via di conquista della sua cima. Un’impresa a due passi dall’Everest, in Nepal, riuscita a pochi e letale per qualcuno.
Una spedizione, la prima del 2014, fallimentare su tutta la linea, già dalla partenza che vedrà rinunciare due dei quattro che, invece, partiranno per la seconda volta nel 2016 in formazione tipo. Ma il risultato, seppur con qualche passo in più, sarà disastroso. E a meno di 350 metri dalla vetta, per le difficoltà incontrate – dovranno, addirittura, rinunciare all’equipaggiamento, per trovarsi nell’ultimo tratto senza rifornimenti, tenda e forze – e le pessime condizioni meteo, obbligheranno a decidere di tornare al campo base.
Salvi ma sconfitti, portandosi dentro un’amarezza che una volta a casa sfiora la depressione. E si trasforma in tormento: il Nuptse diventa la loro ragione di vita, l’obiettivo, la conditio sine qua non per andare avanti. Quella per Himalaya, dunque, diviene l’unica strada capace di condurli fuori da un incubo.
Nel 2017 la Banda dei Baffi, ridotta a tre elementi per la rinuncia di uno di loro, decide di ripartire. Dopo mesi di studio e l’ammissione di tutti gli sbagli commessi nelle precedenti spedizioni. Per un’avventura che parte dall’allenamento e arriva fino alle lacrime (di liberazione – cit.) che una volta in vetta segneranno tutti i venti minuti di permanenza a quota 7.742 mt.
Nuptse: l’inaccessible absolu diviene un film di suoni, dalle tempeste di ghiaccio ai respiri affannosi che sembrano far sentire la fatica anche a chi sta in sala. Un film di visioni, con i colori dell’Himalaya dall’alto e i campi larghi in notturna, in cui le lampade dei quattro prima e tre poi restituiscono perfettamente le dimensioni, montana e umana, al confronto diretto.
Ottima la scelta del regista Hugo Clouzeau di trasformare le immagini di un incidente in parete (senza conseguenze) in una sequenza animata: l’impatto emotivo è maggiore perché l’attenzione è focalizzata sul racconto orale. Lo scampato pericolo, poi, viene segnalato dal ritorno delle immagini cinematografiche. Piace e convince!