
[di Emanuela Macrì – foto fonte web] Un Conclave in primo piano, da ogni punto di vista. Sia registico, con Edward Berger (sceneggiatore a quattro mani con Peter Straughan) che sceglie inquadrature strette e insistiti primissimi piani per entrare nell’intimo dei personaggi, sia contenutistico. Dal tema, così come dal Vaticano, non si esce mai. Più dentro la Santa Sede, di fatto, non si potrebbe.
Più dentro i suoi meccanismi, i suoi segreti, le macchinazioni e i colpi di scena. Tra cali di vocazione, fazioni e giochi di potere, sulla filo della lama di un clerical-thriller – sottogenere che se fino a ieri non esisteva, oggi sì – che si serve di quella dosata suspence per permetterci di partecipare. Alla lotta tra il dramma interiore dei suoi personaggi in primo piano contrapposta alla brama di successo degli altri.
Dal conservatore senza scrupoli cardinal Goffredo Tedesco (Sergio Castellitto) che dietro il fumo della sua sigaretta elettronica non cela tutta l’ambizione al Soglio, al vacillante decano Thomas Lawrence (Ralph Fiennes), speranzoso in una rapida elezione che gli permetta di ritirarsi. Passando per quello che appare il candidato migliore, il progressista Aldo Bellini (Stanley Tucci) fino al sorprendete (e quanto!) Vincent Benitez, un sudamericano a capo della diocesi di Kabul.
Passando tra fumate nere, colpi di scheda e di scena, tra chiese, continenti e formule in latino ma, soprattutto, attraverso la figura di suor Agnes (Isabella Rossellini) sovraintendente con un ruolo ben al di sopra della semplice direzione di Casa Santa Marta, residenza che ospita i cardinali nei giorni del Conclave.
Troppo facile, quindi, dire che “morto un Papa se ne fa un altro”. Di mezzo ci sono giochi potere, equilibri da non far saltare, nuove e vecchie posizioni a confronto, rivoluzioni che attendono. E segreti di ogni genere (questa la capiamo solo noi spettatori. Vero?).