[di Emanuela Macrì] È il più alto del mondo. E non per dimensioni, sia chiaro, ma per altitudine. Quello che suona a Lingshead, nell’Himalaya indiano, è il pianoforte dei record: non solo per i suoi 4.000 mt sul livello del mare, ma per la sua storia, che se non fosse stata raccontata in da Michal Sulima Piano to Zanskar, in programmazione al 67mo Trento Film Festival, ben poche persone sarebbero disposti a credere.

Il piano, infatti, con il suo secolo di vita, arriva nelle mani di Desmond O’Keeffe, accordatore sessantacinquenne di Camden, prima periferia di Londra. Nella sua bottega, ormai da decenni, accorda pianoforti che poi provvedere a far recapitare alla committenza. Fino a quando il destino gli commissiona uno strumento con destinazione, perlomeno, insolita: il pianoforte dovrà raggiungere un piccolo villaggio buddista dove una maestra tedesca ha espresso il desiderio di avvicinare i suoi alunni alla musica.

Una vera impresa, già sulla carta. Ma Desmond non si arrende. E allora eccolo a programmare un trasporto a dir poco eccezionale. Il viaggio più improbabile che mai pianoforte al mondo abbia affrontato: da Londra ai piedi della catena montuosa più alta al mondo, via aria e via gomma fino al limite di un’autostrada in costruzione dal 1970, che in una data imprecisata del futuro collegherà la zona dello Zanskar alla città.

Ma arrivato qui il già complicato viaggio conosce un vero bivio: gli yak, i quattrozampe pensati per il trasporto in quota, si rivelano sottodimensionati per una merce tanto preziosa ma, soprattutto tanto ingombrante. E allora via, con la forza della volontà, di braccia e gambe di una squadra di sherpa, guidati da un accordatore e due assistenti sui generis: Anna, una scienziata ambientale e Harald un biondo dal cappello a cilindro, troppo alto per fare il pilota, come sognava da bambino.

Tanta fatica, qualche momento di sconforto, molti pendii da affrontare. E un piccolo villaggio, isolato dalla neve invernale per cinque mesi l’anno, popolato di tanti bambini che attendono di vedere e, per la prima volta in vita loro, sentir suonare un pianoforte.

Una missione straordinaria, “pura follia” come dirà più volte un infaticabile Desmond, ma capace di riempire i loro occhi e il loro cuore di una magia che sono l’Himalaya sa regalare. Lì, tra montagne sperdute, dove nell’aula (ribattezzata dai ragazzi “Sir Desmond Music Hall”) di una scuola si trova un pianoforte venuto da lontano, appoggiato a una parete dove un cartello ricorda agli studenti che “No pain, no game”.

Un viaggio folle che Desmond ripeterà ogni anno, senza il pesante carico, fino al 2018, anno in cui passerà a miglior vita, con la consapevolezza di aver realizzato il suo sogno: “Volevo fare qualcosa di speciale. Qualcosa di duraturo”. E quelle note, lassù, ora sembrano dire che quel qualcosa di fatto è un qualche cosa di immortale.