[di Emanuela Macrì – foto Riccardo Giuliani] Le lettere dal Brasile, quelle che scambiava con la sorella durante la sua unica stagione lontana dall’Italia e che ci mettevano almeno 10 giorni ad arrivare a destinazione. E il suo papà, anzi il suo babbo, che ha raccolto ogni singolo volantino, fotografia e fotogramma (prima in videocassette e poi in DVD) delle sue partite per farne un’enciclopedia che poi le ha donato, un paio di Natali fa. È questa la vera Piccinini, l’Eterna Piccinini come recita il titolo dell’evento che a Trento, al Festival dello Sport, l’ha vista protagonista in un soleggiato sabato mattina. E proprio qui Francy, nome che lei preferisce all’universale “Picci”, parlando della stagione alle porte, la sua 24ma in serie A1 e terza con i colori della Igor Gorgonzola Novara, dice sarà “un’annata che sulla carta mi dovrebbe vedere poco in campo. Sebbene non ci sono sicurezze, in quanto sarebbe dovuto essere cosí anche nella scorsa stagione. E invece.” E invece è stata l’asso nella manica di coach Massimo Barbolini, che la guiderà anche in questo anno, l’ultimo in campo per Francesca Piccinini. Come lei stessa ha dichiarato durante l’evento.
Lei che è partita da lontano, dall’asfalto dei cortili vicino a casa ed è arrivata in alto, senza lasciarsi tentare dale sirene oltre il confine. Preferendo “continuare un percorso, un progetto di vita che mi ha vista legata alla squadra di Bergamo per 13 anni, ad esempio. Una scelta personale, quella di dare più importanza alla continuità che agli ingaggi.” Lei che è arrivata a giocare su campi e in competizioni important. E vincere, tanto.
“Anche quando nessuno ci credeva. Godevamo di cosí poca credibilità che non ci prenotavano nemmeno i voli per partecipare alle competizioni. Come in occasione dell’Olimpiade di Sidney del 2000, quando nessuno credeva potessimo qualificarci” ricorda Maurizia Cacciatori, con Francesca sul palco, intervistatrice per l’occasione ma già compagna di Nazionale e di club. “Oscurate anche da quella meravigliosa Nazionale maschile, la famosa “generazione di fenomeni” e dal fatto che, spesso, si parlasse di noi per l’aspetto fisico, più che per le prestazioni in campo.” Ma “che sia chiaro a tutti – ricorda la Picci – di medaglie al collo per la bellezza, non ce ne siamo messe nemmeno una. I successi sono arrivati solo con il lavoro e il sudore.”
Con il sacrificio e con qualche silenzio imposto e impastato alle lacrime “perchè era in uso, qualche anno fa, che solo le titolate e le adulte dei gruppi – ricordano le due atlete all’unisono – potessero parlare. Alle giovani e inesperte toccavano le sacche dei palloni da raccogliere e le parole che rimanevano in gola, senza poterle pronunciare.” Oggi le cose sono cambiate “e io stessa – dice Francesca – non sono la compagna più grande che abusa della propria posizione. Credo sia più utile aiutare le compagne con uno sguardo di esortazione e di carica che con i rimproveri. Anche perchè oggi avverto molto meno la tensione. Anzi, diciamola tutta, oggi le sfide, le partite importanti, sono puro piacere. E se c’è una cosa che mi piacerebbe sapere di aver trasmesso alle giovani è proprio questo: il saper apprezzare il momento, al di là del risultato. Perchè di vittorie ce ne saranno altre, ma di finali o partite chiave non è detto.”
Momenti e compagni di strada non sempre semplici, ricordano Maurizia e Francesca. Perchè il rapporto con le compagne e, non poi cosí di rado, con gli allenatori, non è sempre una passeggiata. “Anche se è vero pure il contrario – ricordano – come nel caso di Giuseppe Giannetti, recentemente scomparso, una guida insostituibile nel nostro percorso di crescita in campo. Una di quelle persone che sanno fare la differenza in una carriera”. Come è capitato con Julio Velasco, per breve tempo guida della Nazionale azzurra femminile “che ci chiedeva di perfezionare la nostra conoscenza dela lingua inglese, fondamentale per viaggiare. Così come ci spronava ad assaggiare i piatti locali dei paesi che visitavamo con la Nazionale. Insegnamenti che esulano dalla tecnica e dalla tattica, ma si rivelano fondamentali nella vita.” E che fanno la differenza in panchina. E, forse, mettono la voglia di emulazione per un post carriera? “No – chiude perentoria Francesca Piccinini – non riuscirei ad essere utile alle giocatrici come posso esserlo in campo. E non mi vedrei in un ruolo che ho anche criticato. Una volta chiusa la carriera da giocatrice continuerò nel solco che questa professione ha tracciato, ovvero a inseguire obiettivi e sogni.” E non ha detto niente, la Picci. Ma, in realtà, ha detto tutto.
Tutte le foto dell’evento e della manifestazione, sono dispobili sulla pagina fb di Get Sport media, a questo link https://www.facebook.com/pg/getsportmedia/photos