[di Noemi Mendola] Il tiro a segno non è solamente uno sport: può, infatti, significare molto di più, a seconda di come lo si vive. Inevitabilmente,allenamento dopo allenamento, tiro dopo tiro, il gesto di per sé semplice e ripetitivo si tinge di una passione che ha poco da spartire con la mera prestazione sportiva. “È come se, impugnando la carabina, tutto il resto del mondo sparisse. Non esiste nient’altro: solo io, lei e il bersaglio”. Parole, queste, di uno dei tiratori di punta del poligono di Treviglio, Federico Moiraghi, che, dopo un 2017 pieno di soddisfazioni e vittorie, ha iniziato la nuova stagione agonistica con un meritato terzo posto alla prima Gara Federale, tenutasi a metà gennaio al poligono di Varese, per quanto riguarda la Lombardia.
Una medaglia di bronzo molto significativa perché quest’anno gli avversari sono ben più temibili: il 2018 ha portato, infatti, con sé il salto di categoria, dalla C alla B. E, forse proprio per questo, è una vittoria che non sfigura accanto ai due ori e ai due argenti conquistati in precedenza, né alla sua partecipazione alle Finali Italiane. Anche se, per lui, poco importa di che competizione stiamo parlando: “Per me non sono gare, sono piuttosto dei saggi, dove bisogna dimostrare le proprie capacità”. Questo vale, quindi, sia per le finali nazionali che per le piccole gare organizzate a scopi ludici all’interno di svariate sezioni di tiro sparse qua e là in Italia.
Ciò che sembra essere assente in Federico, quando tira, è l’ansia, quell’ansia da prestazione difficile da controllare quando il direttore di gara da il segnale di avvio: un affanno che può trasformare la prestazione in vero e proprio incubo, e che, ovviamente, rovina la concentrazione, essenziale in questo sport. “Non sento alcuna ansia, alla fine è come se stessi tirando in allenamento. Non è, però, sempre stato così: per esempio durante la mia prima gara, al poligono di Ponte San Pietro, ero stato posizionato in una linea sotto un orologio a muro. Avevo i tappi nelle orecchie, ma l’unica cosa che sentivo era il ticchettio della lancetta dei secondi! Inutile a dirsi, ho fatto un punteggio bassissimo, ed è stata un’esperienza orrenda. Poi, però, dalla seconda gara in poi, l’ansia non l’ho più avvertita”.
In realtà, la prestazione agonistica è una lotta che si gioca all’interno di sé, non contro gli avversari che si hanno accanto sulla linea di tiro. Un conflitto interiore contro l’ansia, ma non solo, come ci ricorda lui stesso quando definiamo il tiro a segno uno sport poco spettacolare: “Il tiro a segno è spettacolare quanto una partita a scacchi, in cui ciò che succede è nella mente dello scacchista. Per noi tiratori, tutta la gara è dentro noi stessi”. E, a volte, ciò che capita può essere sorprendente. “Al controllo equipaggiamento della mia prima gara federale avevo chiesto un controllo approfondito, per scrupolo. Il responsabile era d’accordo, «sia mai – diceva – che poi tu vada agli Italiani, devi essere impeccabile». E io pensavo che non ci sarei mai arrivato, il primo anno poi, e invece aveva ragione”.
Infatti, agli Italiani c’è arrivato. Tutto merito di un allenamento costante e di giuste guide. “Senza Giampietro [Pasinetti, uno degli istruttori], che mi ha seguito fin da subito, non avrei potuto fare niente. Neanche senza Paolo [Mezzadra, direttore del poligono di Treviglio], che ha sempre fatto i salti mortali. E, ovviamente, il mio allenatore, Claudio Zuffada”. E, forse, anche il buon auspicio portatogli da Matisse, “che quando viene a salutarmi prima di una gara, mi fa vincere”: no, ovviamente non stiamo parlando del pittore, ma del gatto dei suoi vicini. Infatti, accanto alla passione per il tiro a segno c’è quella, altrettanto forte, dei felini, che lo accompagna da sempre.
L’interesse per il tiro a segno, invece, è sbocciato un sabato “in cui volevo provare qualcosa di diverso. In realtà, avrei sempre voluto provare: nella mia Torino, una volta ero andato a vedere una gara di granatieri sardi, e mi aveva molto colpito”. Ma solo dopo il suo trasferimento in Lombardia, nello specifico a Treviglio, una scelta fatta per poter proseguire gli studi dopo il liceo, ha deciso di cimentarsi nel tiro a segno. Accanto ad innumerevoli agonisti, di vecchia data o nuovi come lui, Federico ha reso il poligono di Treviglio, forse poco noto, uno scrigno degno di essere aperto, e raccontato.