«Per ammalarsi, si deve entrare in contatto con una persona malata. Per spaventarsi basta entrare in contatto con la televisione o con internet…».
Tutto potrebbe partire da qui. Da questa frase che viene pronunciata dal dottor Ellis Cheever (Laurence Fishborne), nel drammatico film Contagion di Steven Soderbergh. Una pellicola del 2011, ma che oggi, dopo nove anni sembra essere più attuale che mai. Il regista racconta la storia di una donna che dopo essere stata ad Hong Kong per lavoro, contrarrà una misteriosa malattia, che ne causerà la morte. Contagion vede nel cast la presenza di attori del calibro di Gwinet Paltrow, Matt Damon, Jude Low, Kate Winslet, Marion Cotillard e Laurence Fishborne, che sotto la direzione di Soderbergh riescono a mettere in scena un prodotto cinematografico davvero interessante.
In questo drammatico periodo che sta vivendo tutto il mondo, film, serie tv e documentari non fanno altro che influenzare la percezione che la gente comune ha di malattie, virus, epidemie e così via. Da quando si parla di COVID-19 molte persone hanno guardato Contagion, tantè che risulta essere il film più visto e googlato delle ultime settimane. Un modo per esorcizzare la paura?
Il regista di Ocean’s Eleven, Erin Brockovich e Traffic, ha creato una pellicola davvero sorprendente. Il contenuto viene gestito nei minimi dettagli, cercando di spiegare nel modo più esauriente e chiaro possibile, la diffusione di un’ epidemia. Bisogna sottolineare l’impeccabile rigorosità con la quale l’argomento viene trattato a livello scientifico. È davvero realistico il modo in cui scienziati, medici e virologi agiscono per studiare il batterio che vuole uccidere l’intera popolazione mondiale.
Un film corale, non solo per la presenza dei diversi personaggi, ma per l’elegante stile narrativo, capace di mettere ogni tassello al posto giusto al momento giusto. Una sceneggiatura asettica, perché sospende ogni tipo di giudizio. Lo spettatore viene messo nelle condizioni di osservare in modo distaccato una serie di vicende verosimili e concretizzabili.
La fotografia fredda, algida e morta trasmette quell’angoscia che caratterizza tutto il racconto dall’inizio alla fine. Giorno 2, è la scritta con la quale viene presentata la prima scena e cosi poi tutte le altre. Lo spettatore viene catapultato in una situazione che in realtà è già iniziata da un giorno. Il contagio si sta già diffondendo. E da qui la brillante idea del finale, chiudere il cerchio con il giorno 1, che spiega come il paziente zero (Gwyneth Paltow) ha contratto il virus MEV-1.
Contagion film premonitore? No, semplicemente Soderbergh è riuscito a realizzare un prodotto verosimile, in cui vengono spiegate una serie di vicende davvero realizzabili. Il caos sociale più totale dovuto al vero protagonista di tutta la storia: la paura, dalla quale nessuno è immune. Quella paura diffusa dai media resa perfettamente dal personaggio di Jude Low. Un blogger complottista che vuole convincere le persone a non vaccinarsi, divulgano la falsa notizia che basterebbe un medicinale omeopatico per curarsi. La paura del contatto con le persone, vista attraverso un uomo che dopo aver perso la moglie e il figlioccio per il virus MEV-1, rinchiude la figlia in casa e le vieta ogni tipo di relazione con il mondo esterno. L’assalto ai supermercati per paura che finiscano le scorte di cibo, ma soprattutto la paura di non riuscire a trovare un vaccino, di fronte a una malattia nuova e sconosciuta. Anche il fatto che il batterio sia nato da un infezione suina e da quella di un pipistrello, in realtà è qualcosa di possibile. La maggior parte di questi virus si trasmettono per via animale.
Resta di fatto che il racconto di Soderbergh è davvero ben fatto e confezionato. Qualcosa che nel suo piccolo è riuscito a rappresentare nel migliore dei modi un problema globale. Consiglierei a tutti la visione di questo film, magari non in questo periodo.