[A cura di Alessia Giordano – Foto web]
Dopo le recensioni stellari di IT ENDS WITH US, Colleen Hoover torna per regalarci un continuo della storia tanto attesa tra Lily ed Atlas.
Il primo volume si conclude con Lily che, stringendo tra le braccia Emerson, sua figlia, chiede a Ryle il divorzio. Una scelta indubbiamente difficile ma necessaria per non vivere con la paura costante che certi episodi possano ripercuotersi anche sulla bambina.
La relazione con Atlas era rimasta in sospeso ma, se prima la possibilità per loro di avere un rapporto non poteva in alcun modo essere contemplata, ora, invece, possono considerare l’idea di un futuro insieme. Il problema è Ryle o, meglio, ciò che sarebbe in grado di combinare venendo a sapere che la sua ex moglie, con cui spera chiaramente di riappacificarsi, frequenta un altro uomo. E, forse, il tasto dolente non sarebbe nemmeno sapere che frequenta qualcun altro, ma realizzare che quella persona è Atlas Corrigan, il primo fidanzato di Lily, il primo uomo di cui lei si sia mai innamorata.
Intrapresa la relazione con Atlas, Lily cerca disperatamente di rimandare il momento in cui dovrà dire la verità al padre di sua figlia. Ma quando si cerca di nascondere una cosa così rilevante a qualcuno che, per forza di cose, è così presente nella tua vita, i nodi finiscono sempre per venire al pettine nel modo più spiacevole possibile.
Temendo la reazione che Ryle potrebbe avere se confessasse rimanendo sola con lui, Lily organizza un’imboscata in famiglia: in questo modo non ha occasione per dare in escandescenze e si trova, così, costretto ad appoggiare o, quantomeno, ad accettare la situazione impostagli.
Il romanzo, conclusosi con il matrimonio tra Lily ed Atlas, lascia al pubblico un barlume di speranza. Tutti desideriamo che qualcuno ci ami e rimanga al nostro fianco. Qualcuno che ci guardi con gli occhi dell’amore, non della possessione. Qualcuno che ci lasci liberi, non che ci castighi. Siamo in cerca di un sentimento che prenda posto dentro il nostro cuore senza abbandonarlo mai, un sentimento puro, sano, che ci faccia amare la nostra vita e che ci spinga a dare il meglio di noi stessi. Ci lasciamo spaventare da quello che non conosciamo e rimaniamo inerti, ci paralizziamo al pensiero di un grande cambiamento, ignorando che, magari, quel cambiamento potrebbe determinare qualcosa di positivo per noi.
Ma perché passare così tanto tempo a leggere di una storia che potresti guardare in televisione senza spendere fatica? Perché non si può dire sia la stessa cosa. Non si può dire che in un film si riscontrino tanti dettagli così come in un libro. Non c’è niente che ripaghi, come fa un buon libro, quella sensazione in cui vuoi solamente scoprire cosa dica la pagina successiva. Scoprire che, forse, nelle parole che stai per leggere c’è qualcosa a cui non eri preparato, o qualcosa che non ti farà sentire più allo stesso modo. Il potere di un signor libro sta nell’immaginazione. Se mentre leggi di una casa non immagini come siano le stanze, la sua porta d’ingresso, il salotto, ogni cosa nei minimi dettagli, stai sbagliando libro. Se mentre leggi non sorge la voglia di immedesimarsi in uno dei personaggi, se non trovi qualcosa che entri in conflitto con quello in cui credi o, ancora, se non vaghi in posti che non avresti scoperto se non avessi letto quel libro, stai sbagliando libro.
Perché, infondo, anche Marcel Proust lo diceva: ” Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto uno strumento ottico offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.”
I componimenti di Colleen Hoover non deludono mai. Lei “esplora con coraggio gli aspetti più oscuri e vulnerabili dell’amore e cattura magicamente le gioie e i dolori di un nuovo inizio”.
Una dilogia spettacolare, che offre a tutti un motivo per credere nel lieto fine senza dimenticare che “non si può tornare indietro per cambiare l’inizio, ma si può iniziare da dove si è per cambiare il finale” (Clive Staples Lewis).