[di Emanuela Macrì – foto fonte web] Quanto basta. Per capirne un po’ di più su quell’essere diversi. Differenti. E su quanto abbia da offrire quella differenza. Con un film – del 2018, regia di Francesco Falaschi e la sceneggiatura originale – dal titolo, appunto, Quanto basta e due interpretazioni, davvero notevoli.
Quella di Luigi Fedele, su tutti, che interpreta Guido, un ragazzo alle prese con Sindrome di Asperger e un talento per la cucina. E poi quella di Vinicio Marchioni, qui Arturo, insopportabile chef stellato con una decisa propensione all’aggressività che lo porta a perdere tutto. Anche la libertà. Sulla via della riabilitazione incontra la comunità di Guido, si confronta con la diversità (anche la sua, dipende da quale punto si guarda l’altro. Sempre) e, seppur mantenendo un certo livello di antipatia, riesce ad uscirne migliore. A imparare.
Trama scontata, esito pure. Poteva esserlo e invece no. Perché il racconto riesce a mantenere il giusto equilibrio tra finzione e realtà. Tra commedia e dramma. Lasciando che il verosimile faccia il suo. Quando Arturo e Guido intraprendono un viaggio (topos tanto utilizzato da esser ormai terreno franoso, al cinema) disseminato di difficoltà, per entrambi. Perché sul sedile posteriore dell’auto trova posto il tema della gestione. Con Guido alle prese con un eccesso di controllo e regole che in Arturo trovano il loro netto contrario.
E se permettiamo alla sceneggiatura una piccola scontatezza – che nulla regala alla trama – con una storia d’amore per Arturo, è solo perché di tutto il resto nulla è da eccepire. Dalla stoccatina al mondo gourmet in format televisivo a quella al tema del successo, percepito solo in termini di vittoria. Dall’angoscia latente di una famiglia rispetto al futuro di un figlio o nipote diversamente abile al presente di inclusione e ricchezza. Degno di nota (di vero merito) il finale.
Si sorride. Si pensa. Quanto basta. Anzi, di più. perché alla domanda di Guido “A cosa corrisponde QB nelle ricette?” eh una risposta non c’è. Si va a senti. mento. Si dosa all’incirca. Si impara, come in questa storia, ma solo se si è disposti a dare una possibilità alla diversità. Qualsiasi forma essa abbia.
