[di Emanuela Macrì – foto Fabio Cucchetti per Get Sport Media] Il vento giusto e la ricerca dell’esatta direzione. Per capire come aggiustare le vele, impostare la rotta. Stefania Sansonna, quel vento lo conosce bene. Ma non stiamo parlando del vento di Scirocco che accarezza la sua terra, quella Puglia spesso lontana, anche se mai dal cuore.
A Canosa di Puglia dove è nata e cresciuta, a cartoni animati a pallavolo, manco a dirlo. “Condizionata – sorride la numero 11 della Igor Gorgonzola Novara – da quella serie (tanto famosa che pare pure superfluo nominare) ma anche appassionata grazie ad essa. Anche se a portarmi sul campo di gioco è stata più la voglia di emulare mia sorella Carmela e di accorciare quei cinque anni di distanza fra noi, di trovare una scusa per giocare insieme a lei.”
Per sognare di diventare una grande campionessa, mettendoci tutto quanto possibile perché non rimanesse soltanto un sogno. Fino a imporsi nell’universo del volley come una dei liberi più forti in assoluto. Nonostante quel ruolo, il suo ruolo di oggi, non esistesse quando ha iniziato a giocare a pallavolo. “Sono nata come schiacciatrice. E tale sono rimasta fino a 22 anni, fino a quando con la squadra di Isernia siamo sbarcate in serie A2. L’anno successivo, con il passaggio a Castellana Grotte è arrivata anche la decisione del cambio di ruolo.” Una novità, come un vento che cambia, accolta come una possibilità, un’opportunità da darsi.
O, meglio, “la felice intuizione di un allenatore illuminato, Donato Radogna, che ha saputo analizzare la mia situazione e, da subito, comprendere che avrei avuto un futuro migliore in seconda linea. Perché, ricordando le sue parole, avevo davanti a me due strade e solo una scelta: rimanere una brava schiacciatrice come tante o diventare un eccellente libero come (quasi) nessuno. Ho capito subito la sua onestà intellettuale e la sua grande capacità d’analisi, di guardare dentro e oltre una questione. E ho accettato.”
Un tecnico capace di guardare oltre. Ma anche di guidare, oltre. Con Radogna, infatti, arriverà la promozione nella massima serie del campionato italiana. Quella A1, e quel futuro immaginato, che Stefania Sansonna non lascerà più. Insieme alla voglia di vincere e di lottare. “Perchè ancora oggi, dopo Berlino e la Champions League conquistata, non sento di essere arrivata. Sarà che non mi soffermo mai troppo su quanto fatto e, anche se so di aver fatto molto, anche di più rispetto alle mie aspettative, preferisco guardare la strada che mi aspetta. Tutto quello che rimane ancora da fare.”
Scegliendo come compagni di viaggio, tutte le esperienze fatte in campo. Insieme ai tanti insegnamenti ricevuti. “Ho avuto la fortuna di incontrare allenatori di alto livello, delle vere e proprie guide, persone capaci di raffinare un prodotto fino ad allora grezzo e di lavorare, ognuno, su un aspetto specifico del mio stare in campo. Dopo Radogna e il cambio di ruolo, arriveranno Giovanni Caprara, con cui ho migliorato la tecnica, Luciano Pedullà, che mi ha aiutato nel processo di crescita, e Massimo Barbolini che mi donato grande consapevolezza.” Ma non è tutto. “Perché devo molto alle campionesse con cui ho avuto il piacere di vivere e lavorare.” Poi precisa. “Quelle vere, che sono state e sono delle campionesse fuori dal campo, prima che dentro il campo.”
Perché arrivare in alto, significa, non perdere mai di vista il percorso fatto, tutti i passi e la fatica. “Come ha ricordato Papa Francesco in un recente discorso che ho apprezzato molto e fatto un po’ mio: bisogna ricordarsi da dove si viene. Non dimenticare il campetto, l’oratorio, la strada dove tutto è iniziato.” Quella Puglia che ora individua proprio lei, Stefania Sansonna, come un modello, una bandiera sportiva. Un esempio da seguire, anche guardando alla sua storia, quella di una giocatrice formatasi in un movimento pallavolistico territoriale che, sebbene vivesse un momento più felice rispetto a quello attuale e in cui le società in serie A erano molte in tutto il sud, era lontano da quel nord catalizzatore.
“In un sud in cui non era, comunque, più facile emergere rispetto a oggi. Alla base, domani come allora, conterà sempre più di tutto la passione che hai: deve essere immensa, ché se fosse solo grande non basterebbe. Solo una passione sconfinata, infatti, ti dà quell’energia per misurarti con la sofferenza, la necessità di crescere in fretta e di sopportare qualunque avversità. Per questo, non piacendomi il singolo ma preferendo il gioco di squadra, vorrei pensarmi più come un ponte che un modello, diventare il punto di raccordo tra i sogni di gioventù di qualche atleta del mio territorio e la loro realizzazione. Da rincorrere, ovunque essa possa avverarsi.”
Anche fosse al nord, come è stato per lei. Quel nord che la ha cambiato la vita. Con il suo arrivo a Novara e l’inizio di una lunga storia d’amore “costruita piano piano, insieme a una città e una società a cui sono particolarmente legata, per molti motivi. Tra questi, il primo su tutti, il fatto di aver sempre trovato appoggio, anche nei momenti più difficili. Un aspetto che mi ha inorgoglisce, come atleta e come donna.”
Una grande dimostrazione di rispetto che passa per la comprensione, come sprone a risollevarsi e non certo come giustificazione. “Una risposta, credo. Perché a ritornare, in fondo, è quello che dai. E io non mi sono mai risparmiata, mettendoci tutto il cuore che potevo. Anche negli errori commessi, che in fondo sono stati i miei migliori insegnanti. Nei momenti di crisi, infatti, mi sono sempre fidata dei consigli che ricevevo e sfidata. Ho imparato a lavorare sugli sbagli, a partire da essi per crescere, aggiungere, imparare. La volontà che ho messo in ogni istante è tornata in forma di stima reciproca e grande affetto.”
Un sentimento sincero, come non potrebbe non essere con il libero igorino. Una donna decisa “e coraggiosa. Credo sia questo il mio tratto distintivo. Non mi è mai mancata, infatti, la forza di dire quanto pensavo così come lo pensavo.” A mancarle, semmai, in tanti anni di nord è il mare della Puglia e il profumo del sugo della domenica, quello lasciato sul fuoco per ore prima di incontrare le orecchiette della mamma. “Quello che con il suo profumo tii sveglia la domenica mattina – conclude Stefania – quando ti permetti di dormire fino a tardi.”
Riti che si mantengono e profumi antichi, che ti rimangono nel sangue, come lo Scirocco. Il vento che le ha insegnato che per navigare bisogna saper prendere le giuste decisioni. Anche quelle di cambiare rotta o la direzione delle vele, se necessario.